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Intervista a Patrizia Ferrara

dirigente per gli affari generali e l'editoria presso la DGA

in n. 1/2006
Parlami un po’ della tua storia, di come sei entrata negli archivi e della tua esperienza all’Archivio centrale dello Stato.
 
Prima di entrare nell’Amministrazione, come la maggior parte dei laureati in Filosofia degli anni ’70, ho provato – appena ventitreenne - la carta delle supplenze scolastiche. Per due anni, così, ho potuto conoscere un universo certamente molto complesso, quello dei liceali degli anni ’70.
I giovani – allora - venivano a scuola con grandi esigenze di rinnovamento in tutti i campi, anche in quello dell’insegnamento. E ti mettevano alla prova ogni giorno. Molte le proposte da parte loro, alcune delle quali accolte da me con convinzione.
Tra queste, la concessione di spazi per la discussione di temi a carattere politico-sociale, in cambio della promessa – strappata a fatica - di una partecipazione attenta allo svolgimento del programma tradizionale.
Mi ero accostata al mondo della scuola, devo confessare, con un po’ di diffidenza e timore: la stampa, infatti, riportava quotidianamente episodi di intolleranza e violenza da parte dei giovani “contestatori”, anche nei confronti dei professori. Voglio perciò raccontare – lo devo a tutti quei ragazzi! – il mio stupore, e poi la gioia, di aver conosciuto invece un mondo “migliore”. Lo faccio con emozione, ricordando le forti motivazioni etiche e la bellezza interiore della maggior parte di miei studenti, animati da grandi speranze e, a volte, da grandi illusioni. Voglio ricordare anche la loro sete di apprendere, la loro stima, il loro affetto.
Mi piaceva l’insegnamento. Mi esaltava la sensazione della totale creatività di questo lavoro, del crescere assieme ai miei studenti, di progettare assieme a loro con grande libertà. Le prospettive di una sistemazione definitiva, però, erano lontanissime: non potevo non vedere – infatti - che molte colleghe con punteggi ben superiori ai miei in graduatoria (si erano infatti avvicinate al mondo della scuola molti anni prima di me), aspettavano ancora - in pieno precariato - l’elemosina di qualche supplenza. Volevo mettere su casa e perciò mi guardavo attorno per un lavoro sicuro, sempre in ambito culturale. Non c’era allora nella mia mente alcun collegamento tra il mondo della Scuola e quello degli Archivi. Conoscevo, però, gli Archivi di Stato. Mi ero laureata, infatti, in “Storia dei partiti politici” con il prof. Renzo De Felice, che a differenza di altri docenti universitari, reputava indispensabile - per lo svolgimento delle tesi da lui assegnate - la ricerca sui documenti archivistici. Così avevo frequentato e apprezzato, da utente, l’Archivio Centrale dello Stato, studiando la documentazione del periodo fascista.
 
Quando e come hai avuto l'opportunità di entrare nell'Amministrazione archivistica?
 
Quando venne pubblicato il bando del concorso per Archivista di Stato (1976), mi iscrissi - perciò - ben sapendo (a differenza di molti concorrenti con i quali ebbi l’occasione di scambiare qualche parola all’ingresso del Palazzo degli esami) quale tipo di attività avrei svolto, se avessi superato la prova. L’idea di ordinare e inventariare le carte del passato, potendole contemporaneamente studiare, mi attirava moltissimo. E proprio l’Archivio Centrale dello Stato, che avevo frequentato da utente, diventò - dopo l’esito positivo del concorso - la mia sede di servizio, dove sono rimasta per circa 24 anni, a partire dal 1979, avendo come competenza la gestione degli Archivi del periodo fascista e di quelli dello Spettacolo.
 
Come ti sei trovata, all'Archivio centrale dello Stato, e, con il tempo, che tipo di cambiamenti sono intervenuti nella vita dell'istituto?
 
Durante la mia permanenza al Centrale, ho avuto la fortuna di poter collaborare con colleghi  molto preparati, con i quali ho avviato un percorso comune di crescita sia sotto il profilo strettamente archivistico sia sotto quello di studi appassionati in materia di storia delle istituzioni. Importanti le esperienze realizzate sugli archivi (ricerca, inventariazione, censimento e recupero documenti dai depositi ministeriali, applicazione dell’informatica, pubblicazioni di strumenti di ricerca, pubblicazioni di storia delle istituzioni) e quelle di contatto diretto con gli studiosi e i ricercatori.
I cambiamenti più evidenti che ho colto nello scorrere dei ventiquattro anni di lavoro presso l’Archivio Centrale dello Stato sono stati:
- una crescita esponenziale del 100% nel numero delle unità in servizio, dovuta all’immissione dei colleghi dell’occupazione giovanile, che dette la possibilità di riorganizzare gli Uffici e di ridistribuire le competenze, favorendo la produzione e il completamento di inventari e banche dati;  
- l’apertura di nuovi filoni di ricerca. Nei primi anni, infatti, l’Istituto aveva un’indubbia centralità solo nelle ricerche a carattere politico, economico e militare; poi ha raggiunto – grazie all’acquisizione di nuovi fondi archivistici e alla stesura di strumenti di ricerca più analitici per serie fino a quel momento inconsultabili - una posizione importante anche nelle “storie” meno blasonate: da quella della cultura, a quella sociale, dalla storia dello sport a quella dello spettacolo, da quella sui lavori pubblici alle Belle arti e così via;
- una graduale rarefazione, a partire dagli anni ’80, della figura dei commessi che supportavano gli archivisti nella presa e ricollocazione del materiale necessario per stendere gli inventari e per procedere nel condizionamento e fascicolazione degli archivi, e anche per servire le richieste di sala studio;
- un drastico mutamento della tipologia degli utenti: sono spariti dalla sala studio, infatti, tranne rarissime eccezioni, i “grandi” dell’universo storiografico italiano e i titolari di cattedre universitarie. Sono invece aumentati gli studenti per le tesi di laurea e i giornalisti, spesso interessati alla ricerca di uno “scoop”, piuttosto che alla ricostruzione scientificamente corretta di avvenimenti storici, mentre nell’universo storiografico, ha cominciato a prevalere l’uso di scrivere e pubblicare libri in tempi brevissimi trascurando le fonti archivistiche, come se la ricerca documentaria non fosse più di moda;
- una drastica diminuzione – in tempi recenti - del numero di archivisti in servizio (alcuni sono passati nelle università, altri hanno vinto i concorsi per la dirigenza, altri ancora hanno chiesto il trasferimento in Istituti diversi o sono andati in pensione) e di un buon numero di personale non direttivo appassionato della materia. E tra gli archivisti rimasti, tutti delle stessa generazione, molti mi appaiono “stanchi” per la mancanza del dovuto ricambio generazionale, per l’assenza di personale di supporto, per carenza di finanziamenti e, anche, ritengo per mancanza di prospettive di carriera. Tutto ciò senza sottovalutare i risultati – soprattutto a livello di valorizzazione dei documenti - che, nonostante tutto, per la volontà e la passione ancora presenti in chi è rimasto in servizio, si continuano a perseguire.
 
Non pensi che attualmente ci sia stata una rapida perdita di ruolo dell'Archivio centrale dello Stato, che dovrebbe essere considerato, come nel resto d'Europa, l'archivio nazionale italiano?
 
Tra i cambiamenti recenti mi ha molto ferito il declassamento dell’Istituto, del tutto fuori luogo a mio giudizio, essendo erede dell’Archivio del Regno creato appositamente nel 1875 per conservare la memoria storica del giovane Stato Unitario e simbolo, ancor oggi, dell’Unità amministrativa del Paese. Un ulteriore ferita è stata per me la creazione dell’Archivio storico della Presidenza del consiglio dei ministri, che priverà questo glorioso Istituto della serie di maggior prestigio e di maggior rilevanza storica ivi conservata, inficiando ulteriormente il suo ruolo istituzionale di Archivio “centrale”.
 
Hai anche diretto in tempi più recenti l’archivio di Stato di Frosinone. Come è cambiata la tua esperienza passando alla gestione di un istituto “ periferico”?
 
L’esperienza di lavoro accumulata dirigendo l’Archivio di Stato di Frosinone è stata per me utilissima, oltre che gratificante sotto il profilo delle attività avviate e del rapporto instaurato con la maggior parte del personale. Mi spiego meglio. Per quanto riguarda il personale, ho imparato concretamente ad ascoltare le sue aspirazioni, le recriminazioni, le proposte, prima di avviare qualunque intervento riorganizzativo, prendendo a volte – per necessità di servizio - provvedimenti anche impopolari, ma sempre dopo averne discusso con gli interessati per arrivare alla definizione delle questioni in termini soddisfacenti per loro e per l’Istituto. Ho conosciuto, poi,  direttamente le problematiche connesse alla gestione della contabilità speciale, alla messa a punto delle programmazioni sul funzionamento e sui lavori pubblici, a convivere con la già endemica carenza di finanziamenti, a “litigare” con il Comune per ottenere una riduzione delle cartelle per la tassa sulla nettezza urbana, ad avviare rapporti con il personale della Direzione Generale preposto ai finanziamenti dei capitoli di spesa, e così via.
Per cercare di inserire l’Archivio in una serie di rapporti assai validi a livello locale ed evitarne l’isolamento, ho accolto nuove proposte in ambito informatico e di ricerca archivistica da parte della provincia e della regione; in qualche caso ho continuato – in tali ambiti - iniziative avviate da chi mi aveva preceduto nella direzione. Ho voluto poi incoraggiare ulteriormente l’attività didattica, già ben avviata, rivolta soprattutto alle scuole elementari, sulla base del progetto di seguire il percorso formativo degli alunni, abituandoli sin da piccoli al collegamento tra archivi e storia; è stato poi avviato – d’intesa col personale – il progetto di ristrutturazione della sede; è stata effettuata la riorganizzazione dell’articolazione interna degli uffici, affiancando alle Sezioni archivistiche e ai Servizi essenziali, quali Sala studio e Biblioteca, nuovi Servizi (sorveglianza e versamenti, conservazione e restauro, mostre, pubblicazioni, rapporti esterni, un servizio tecnico, ecc) che ormai negli Istituti, anche di media grandezza, non possono non esistere.
 
Veniamo ora al  servizio I: che situazione hai trovato e che problemi hai dovuto affrontare in questo nuovo incarico di coordinatrice della programmazione e del bilancio?
 
 L’impressione primaria che ho avuto, facendo il mio ingresso al Servizio I della DG, con la consapevolezza di provenire dal settore tecnico e non amministrativo, è stata quella che pur non conoscendo a fondo le regole di bilancio, gli assestamenti, le modalità di gestione dei capitoli, ecc, potevo essere comunque utile ai direttori degli Istituti proprio perché – in qualità di archivista - avevo vissuto in prima persona la realtà delle attività tecnico-scientifiche che essi si trovano ad adempiere. Non sottovalutavo, poi, l’esperienza  accumulata durante il biennio di direzione dell’AS di Frosinone, che a mio giudizio, mi avrebbe potuto aiutare a valutare meglio eventuali interventi di supporto ad essi.
In particolare, ricordando il senso di disperazione e di solitudine relativi ai mancati finanziamenti, o ai disagi connessi a difficoltà d’impostazione di alcune procedure, mi sono ripromessa – nelle nuove vesti - di far sentire il più possibile agli Istituti periferici che il Servizio I è a loro disposizione per dare il maggior sostegno possibile nelle materie di competenza. In questo mi sta aiutando moltissimo tutto il personale che lavora nel servizio. Anche la mancanza d’informazione è stato un problema vissuto da me con sofferenza in periferia; pertanto – oggi – una delle mie preoccupazioni primarie è quella di fornire notizie aggiornate ai direttori degli Istituti periferici, usando spesso e-mail anche a carattere non ufficiale, ma utili per dare informazioni in tempi brevi.
E’ solo dal 1 marzo che occupo questo posto, dunque di progetti realizzati posso dire ben poco. Sto cercando di creare rapporti collaborativi con gli altri Servizi della Direzione generale e con il Servizio I delle Biblioteche in modo da operare non isolatamente e con coerenza; come pure di approfondire studi sul reperimento di fonti sussidiarie di finanziamento, considerata la carenza assoluta degli stanziamenti ordinari. Sto gettando le basi per promuovere una maggiore informatizzazione nel lavoro giornaliero del personale e un alleggerimento delle attività del servizio di protocollo, promuovendo una protocollazione “diffusa” delle pratiche in uscita. Il personale si è dimostrato inoltre assai disponibile per una semplificazione delle procedure, accogliendo la mia proposta di imparare ad inviare agli Istituti lettere e relativi allegati il più possibile per via elettronica, riducendo al minimo l’uso della carta e l’invio a mezzo posta.
 
Il servizio I si occupa ora anche delle pubblicazioni dell’amministrazione, un settore già fiorente e oggi, purtroppo, in crisi di risorse finanziarie e umane. Come ti senti ad aver “ereditato” questa responsabilità?
 
L’idea di gestire il settore delle pubblicazioni, ormai di competenza del Servizio I mi ha dato grande gioia, consentendomi di poter svolgere accanto alla nuova attività amministrativa (personale, bilancio) anche quella per me più usuale di contatto con il mondo della ricerca e dello studio. Certo, le difficoltà sono oggi immense. Per l’immediato, mi riterrei assai soddisfatta di poter almeno riprendere la regolare pubblicazione e diffusione della “Rassegna degli Archivi di Stato”; di procedere assieme all’ANAI alla pubblicazione del “Mondo degli Archivi” in formato elettronico; di riuscire a portare a termine i lavori avviati negli anni scorsi dall’ex Servizio V. Una volta completati questi ultimi, si potrà avviare un programma di nuove pubblicazioni (spero sempre all’insegna della qualità), nonostante i magri bilanci a disposizione. Da tentare senz’altro – anche in quest’ambito – la via delle sponsorizzazioni.
 
Ci puoi dire ora qualcosa in particolare sul notiziario “Il mondo degli archivi” che pubblichiamo insieme con la Direzione generale, come ti piacerebbe che fossero i suoi obiettivi?
 
 
Il Notiziario, a mio giudizio, dovrebbe essere un agile strumento di comunicazione, al servizio di tutti coloro che sono interessati ad apprendere, oltre che a comunicare, le innumerevoli iniziative culturali in via di preparazione da parte degli Archivi e delle Sovrintendenze per i mesi successivi, sia in veste di promotori e organizzatori delle manifestazioni programmate sia in veste di co-promotori a livello regionale o provinciale. Sarebbe infatti importante far circolare le notizie di ciò che si sta preparando, delle modalità di esecuzione, delle problematiche di realizzazione piuttosto che far giungere solo deboli echi o elencazioni delle realizzazioni già avvenute. Mi piacerebbe che il “Notiziario” fosse pure riservato al dibattito interno su temi e problemi all’ordine del giorno tra tutti gli interessati e ad uno scambio corretto e qualificato di opinioni.
 
Una possibilità nuova che sembra aprirsi anche per l’amministrazione archivistica è la partecipazione a progetti europei, cosa ne pensi tu, e quali possibilità concrete puoi intravedere?
 
Il corso che ho seguito presso l’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) relativo alla messa a punto di progetti europei è stato fondamentale per me, che poco o nulla conoscevo sulla materia. Ho potuto così apprendere quali sono le corrette modalità di costruzione di un progetto perché esso possa avere buone chances di venire approvato dalla UE. In particolare è importante: procurarsi quanti più partners stranieri sia possibile; mostrare con convinzione il positivo rapporto costi/benefici del progetto; dare ampie garanzie di monitoraggio nella realizzazione del programma, individuando indicatori di misurazione chiari e reperibili con facilità; assicurare la sostenibilità del progetto, cioè la sua capacità di durare nel tempo. E tante cose ancora. Tra le criticità, invece, una delle più grandi mi è sembrata coincidere con la lunghezza dei tempi necessari per far pervenire i finanziamenti dalla UE sulle contabilità speciali degli Istituti vincitori di un progetto. Ci sono, però, delle colleghe assai esperte appartenenti anche ad altri Dipartimenti - alla seconda o terza esperienza di lavoro all’interno di un Progetto europeo risultato vincitore - che potrebbero fornire indicazioni preziose per superare tali difficoltà: è mia intenzione creare un collegamento tra i Direttori interessati e queste funzionarie. Intendo, poi, approfondire personalmente tale materia per poter fornire io stessa un supporto qualificato ai Direttori d’Istituto eventualmente interessati, comunicando anche tutte le informazioni necessarie e gli indirizzi web per accedere direttamente alle notizie più analitiche sui bandi, fornendo inoltre i nominativi degli Istituti archivistici che sono già al centro di progetti di questo tipo, per favorire un concreto scambio d’informazioni tra gli interessati. I Progetti europei rappresentano una fonte di finanziamento che non dobbiamo lasciarci sfuggire!       
 

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