L’ostruzionismo istituzionale: i timori di un’associazione sindacale

La condizione degli archivisti italiani nel 1919 all’alba di un’associazione professionale

1919

Gli impedimenti istituzionali, da parte del governo Nitti prima, e di quello di Giolitti dopo, rispondevano a una reale preoccupazione che una rete di archivisti si potesse pian piano trasformare in una organizzazione professionale capace di far ribadire le proprie richieste. La condizioni degli archivisti italiani, infatti, nel 1919 era sfavorevole e molte critiche potevano essere mosse all’amministrazione archivistica.

Nel primo dopoguerra gli archivisti di Stato erano solo 120 e coprivano il carico di lavoro dei 19 Archivi di Stato allora istituiti. Situazione ben diversa se li si paragona alla situazione attuale. Gli archivisti di Stato nel 1919 erano, infatti, insufficienti per rispondere alla mole di lavoro entro gli Archivi di Stato principali. Poteva capitare che alcuni direttori presiedessero diversi archivi entro una espansione territoriale ampia: non esistevano rimborsi per le trasferte e altri tipi di agevolazioni.

All’epoca la professione era aperta solo agli uomini. Avendo a che fare spesso con faccende istituzionali e amministrative nella gestione dell’archivio, la professione era infatti preclusa alle donne. Tuttavia nel 1911 due donne avevano avviato una richiesta formale di partecipazione al concorso di archivista di Stato. Ciò nonostante la loro domanda era stata rigettata “per cagione di sesso”: le donne erano dotate di limitata capacità giuridica rispetto ai colleghi uomini.