ANAI ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHIVISTICA ITALIANA
Lettera al Ministro della Cultura Alessandro Giuli agosto 2028
Perplessità sulle nomine dei dirigenti negli istituti archivistici
Onorevole Signor Ministro,
com’è noto, l’Anai Associazione Nazionale Archivistica Italiana riunisce un’ampia rappresentanza di archivisti italiani impiegati in enti pubblici e organizzazioni di vario genere oppure impegnati a svolgere le loro funzioni come liberi professionisti.
Negli ultimi giorni abbiamo preso visione del Decreto Ministeriale del 18/07/2025, n. 250 per “Assegnazione di 128 risorse dirigenziali di seconda fascia ai fini del conferimento dei relativi incarichi di funzione dirigenziale di livello non generale nell’ambito del Dipartimento per l’amministrazione generale, del Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale, del Dipartimento per la Valorizzazione del patrimonio culturale e del Dipartimento per le Attività culturali del Ministero della cultura, di cui alla Circolare della Direzione generale Risorse umane e organizzazione n. 67 del 26 maggio 2025”.
Per quanto riguarda le posizioni in ambito archivistico, il 25% è coperto da funzionari non appartenenti al settore specifico. Si ripropone una dinamica già nota nella storia del Ministero, che continua a coinvolgere la nostra professione e merita di nuovo un’attenta considerazione.
Infatti, la perplessità e la contrarietà della comunità rappresentata dall’Anai derivano dal fatto che già in passato la nostra associazione aveva sottolineato con forza la necessità di figure professionali con competenze specifiche di settore alla guida degli istituti archivistici, come quelle che in maggioranza sono state poste alla direzione proprio con queste nomine, in considerazione del ruolo fondamentale che gli archivi svolgono.
Il ruolo degli archivi si esplicita non solo perché detentori della memoria storica e collettiva, ma anche perché la loro corretta gestione, tenuta e conservazione determinano il grado di trasparenza, affidabilità, certezza di diritti per tutte le attività degli uffici della Pubblica Amministrazione e per i cittadini e perché essi sono fondamentali nei processi di innovazione.
Non si mette in dubbio la capacità di figure dirigenziali di altre aree, alle quali rivolgiamo tutto il nostro rispetto, ma, signor Ministro, non è chiaro perché il criterio di assegnazione dei ruoli dirigenziali non corrisponda, per quanto riguarda il settore degli archivi, ai dettami di quanto enunciato nel Decreto Ministeriale 21/10/2024, n. 382, all’art. 6, lettera c, in cui si dichiara a chiare lettere che “La valutazione comparativa delle domande e dei curricula dei candidati è condotta sulla base dei criteri di cui all’articolo 2 del presente Decreto, tenendo presente sia l’interesse pubblico prioritario di individuare il dirigente avente le competenze e le capacità professionali maggiormente adatte a garantire l’ottimale ed efficace svolgimento delle funzioni connesse agli incarichi in argomento, sia l’esigenza di assicurare il buon andamento e la piena funzionalità dell’Amministrazione”.
Spesso il Ministero ha seguito il criterio del dirigente amministrativo capace di gestire qualsiasi area, come abbiamo constatato nel passato: conosciamo qualche confortante esempio di buon funzionamento di tale modalità di selezione, ma affermiamo con forza che essa non è la più adatta nel nostro settore, quello degli archivi, che richiede figure altamente specializzate e competenti che possano comprendere fino in fondo la funzione degli archivi, i problemi connessi alla loro gestione e conservazione, il rapporto con altre istituzioni territoriali e, non ultimo, il rapporto con le figure professionali altamente specializzate dei funzionari archivisti, a cui si richiedono requisiti formativi e professionali molto elevati per il superamento di concorsi pubblici.
Signor Ministro, è legittimo interrogarsi sul perché i requisiti ritenuti fondamentali per l’accesso alle posizioni archivistiche negli Istituti non possano trovare analoga applicazione nel conferimento degli incarichi dirigenziali.
Abbiamo, inoltre, constatato con preoccupazione il trasferimento improvviso di alcuni dirigenti di comprovata competenza archivistica, che hanno lavorato in modo egregio nei loro territori, avviando progettualità e relazioni che rischiano di essere bloccate e che penalizzano l’intero settore. Comprendiamo il ricorso al criterio della rotazione, ma in taluni casi i funzionari citati sono stati sostituiti con figure professionali provenienti da settori dove hanno ricoperto funzioni che sono lontane dal settore archivistico: così facendo, si disattende, a nostro parere, il dettato del Decreto Ministeriale all’art. 2, a cui rimanda l’art. 6, lettera c del medesimo Decreto. Questo crediamo sia accaduto anche in funzione dell’obbligo di indicare 5 preferenze senza ordine di priorità nei bandi di interpello.
Quanto finora evidenziato solleva non pochi interrogativi sul grado di attenzione che i vertici del Ministero dedicano al settore degli archivi e alla necessità di riconoscere e difendere il profilo tecnico non solo dei funzionari che operano negli istituti archivistici, ma anche dei dirigenti che li guidano nelle Soprintendenze, negli Archivi di Stato e nei servizi tecnici centrali. Ci permetta di sottolineare che troppo spesso (e sempre più frequentemente) in questo settore si riposizionano figure dirigenziali interne “in sospeso” (provenienti da diversi ambiti tecnici), ignorando la delicatezza di un ruolo che richiede alte competenze di settore facendo dell’area archivistica un territorio di fin troppo facile ricollocazione. È paradossale che il Ministero disattenda al proprio interno e nella delicata nomina di dirigenti di settore quelle fondamentali disposizioni di legge sui requisiti formativi e professionali previsti dal Codice dei beni culturali in applicazione della legge 110/2014 e imposti a tutta la pubblica amministrazione.
Accogliendo le preoccupazioni crescenti della comunità archivistica nazionale, Le chiediamo di avviare un confronto serio sul ruolo delicato e importante che i patrimoni documentari svolgono per le istituzioni e nella società civile, tanto più significativo e cruciale quanto più fragili sono le forme che la memoria assume nella transizione digitale, tanto da aver spinto proprio in questi mesi l’Unione Europea a intervenire con un regolamento sul nodo della conservazione degli archivi.