In quest’area sono pubblicati i comunicati del Consiglio direttivo nazionale ANAI
Lettera al Ministro della Cultura sul concorso e l’emergenza in Emilia-Romagna e nelle Marche
[Scarica in versione .pdf]Roma, 18 maggio 2023
On. Ministro,
giungono all’Associazione da me presieduta numerose e preoccupate segnalazioni che, a seguito degli eventi meteorologici occorsi in numerose località delle regioni Marche ed Emilia-Romagna, molte iscritte e iscritti al concorso in via di espletamento per il reclutamento di un contingente di 518 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il Ministero della Cultura, non saranno nelle condizioni materiali di poter raggiungere Roma per lo svolgimento delle prove scritte per il profilo Funzionario Archivista di Stato, previste per il 22 maggio p.v., a causa anche delle limitazioni imposte alla circolazione ferroviaria ed autostradale.
A fronte di tale situazione, per non penalizzare ulteriormente candidate e candidati provenienti soprattutto dalle zone colpite così duramente dalle avversità atmosferiche, si richiede di valutare lo spostamento delle prove o, in subordine, di prevedere almeno una sessione straordinaria per quanti risiedano nei territori soggetti allo stato di emergenza. Confidiamo nella sua sensibilità e richiamiamo la necessità di assicurare la più ampia partecipazione possibile a questo concorso, frutto anche dei suoi sforzi per l’Amministrazione da Lei governata.
Micaela Procaccia
Presidente ANAI
A proposito del prestito dell’originale della Costituzione
[Scarica in versione .pdf]Roma, 11 maggio 2023
L’ANAI – Associazione Nazionale Archivistica Italiana – intende esprimere il proprio punto di vista sulle recenti notizie, apparse sulla stampa e rilanciate dai social, relative alla vicenda recentemente occorsa in merito alla richiesta di prestito dell’originale della Costituzione italiana e alla sua esposizione al pubblico. In occasione di una mostra da tenersi presso il Senato della Repubblica in palazzo Giustiniani, è stata avanzata infatti, dalla Presidenza del Senato, la richiesta di esporre l’esemplare della Costituzione conservato dall’Archivio centrale dello Stato.
Probabilmente in considerazione dell’alto valore storico, simbolico e giuridico di quel documento – non l’unico originale esistente della Costituzione ma dal più forte significato documentale essendo l’esemplare conservato all’interno della serie delle Leggi e Decreti – la Direzione generale Archivi ha richiesto il parere del Comitato tecnico scientifico per i beni archivistici, organo di consulenza del Ministero nelle materie che riguardano questi beni.
Il CTS, richiamando quanto espresso in via di principio dal Consiglio scientifico dell’Archivio centrale dello Stato nel 2016, ha formulato un parere negativo, poiché, tra i diversi motivi, il testo originale della Costituzione è “caratterizzato da un forte valore simbolico, difficilmente stimabile anche da un punto di vista assicurativo”, segnalando al contempo che precedenti richieste, avanzate dal Senato stesso, non erano state accolte. Ciò nonostante l’esposizione alla mostra in Senato dell’originale conservato presso l’Archivio centrale dello Stato è stata autorizzata dall’organo competente, senza che si sia presa quindi in considerazione la possibilità di utilizzare uno degli altri due originali, conservati l’uno presso l’archivio storico della Camera dei Deputati e l’altro presso l’archivio storico della Presidenza della Repubblica. Si ritiene che il parere negativo al prestito espresso dal CTS sia giustificato da solide motivazioni di tutela del documento, rappresentazione dei principi fondanti della Repubblica Italiana, garanzia dei diritti civili e politici di tutti i cittadini e delle istituzioni repubblicane. Garantire la conservazione dell’originale della Costituzione è una delle priorità fondamentali di chi si occupa della memoria nazionale che, in questo caso, si sarebbe potuto far prevalere sull’interesse alla esibizione del documento. Tanto più che gli altri due esemplari della Carta costituzionale, avrebbero allo stesso modo risposto alle esigenze espositive, senza nulla togliere all’alto valore dei contenuti né all’aspetto esteriore. Perché creare quindi un caso che non ha motivazione di esistere se si ha ben chiaro l’alto valore del documento in questione? Il mancato riconoscimento di un parere tecnico scientifico, espresso all’unanimità dall’organo previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, il cui ruolo è proprio quello di pronunciarsi su questioni di particolare impegno e delicatezza che riguardano il patrimonio e le funzioni archivistiche dello Stato, preoccupa non poco la comunità archivistica. Non tenendo conto del parere del CTS, composto da tecnici nominati dal Ministro, di riconosciuta esperienza e di alte competenze professionali, si nega il ruolo fondamentale, non solo dell’istituto, ma delle competenze e della professionalità che dettano le considerazioni espresse sempre e solo in ragione della tutela di un bene, in questo caso di valore assoluto storico, archivistico e sociale. Si prescinde, inoltre, da consolidati processi amministrativi garanti del patrimonio dello Stato e del ruolo della professione archivistica e dunque della collettività.
Comunicato per la scomparsa di Elio Lodolini
Roma, 19 marzo 2023
È mancato il 18 marzo 2023 a Roma Elio Lodolini, archivista di Stato, professore emerito di Archivistica presso La Sapienza Università di Roma, socio onorario Anai. L’Associazione nazionale archivistica italiana esprime il proprio sincero cordoglio e la vicinanza alla sua famiglia. I funerali si terranno lunedì 20 marzo alle ore 15.30 presso la chiesa di Sant’Emerenziana, via Lucrino, 53 Roma.
Comunicato del direttivo in merito alle ipotesi di definizione delle famiglie professionali del MiC e relative competenze
[Scarica in versione .pdf]Roma, 17 marzo 2023
Al Capo di Gabinetto del Ministero della cultura
Al Segretario generale del Ministero della cultura
Al Direttore generale Organizzazione del Ministero della cultura
Alla Direzione generale Archivi del Ministero della cultura
L’Associazione nazionale archivistica italiana ha quale scopo primario dal 1949 di rappresentare in ogni ambito le istanze relative a tutto quanto attiene la professione archivistica, affermandone e tutelandone la specificità e la qualità. In ragione di tale missione non potevano non destare interesse le recenti notizie di fonte sindacale in merito all’«Ipotesi di accordo concernente la definizione delle famiglie professionali e relative competenze nell’ambito dell’ordinamento professionale in attuazione del titolo III del CCNL funzioni centrali triennio 2019-2021» attualmente in discussione presso un tavolo di contrattazione nazionale. Tale accordo tocca da vicino alcuni passaggi destinati a incidere sulle professionalità tecniche in servizio presso il Ministero della cultura.
Se alcuni elementi, come la costituzione di un’area di elevata professionalità (c.d. EP), sembrano andare finalmente nella direzione della valorizzazione delle competenze del personale in servizio, altri destano nella nostra Associazione gravi e profonde perplessità. Ci riferiamo in particolare alla convergenza in un unico ambito (la c.d. famiglia professionale della «Tutela e valorizzazione delpatrimonio archivistico e librario») degli attuali profili di funzionario Archivista e funzionario Bibliotecario, che si troverebbero ora a convivere (con quali distinzione in accesso?) nelle aree dei funzionari e delle EP. Se tale convergenza “familiare” avrebbe ragion d’essere per l’area degli assistenti, assai meno giustificato appare tale connubio nella gestione di patrimoni che, seppur accomunati da similitudini, risultano oggi affidati alle cure di professionalità assai diverse, tanto da meritare negli elenchi previsti dal D.M. 244/2019 la previsione di distinti e adeguati requisiti formativi e professionali.
La lettura dell’allegato 1 del documento di “Ipotesi di accordo” aggrava le perplessità: nella declinazione delle «competenze tecnico-specialistiche» tanto dell’area EP quanto di quella dei funzionari, le competenze proprie delle professionalità archivistiche (definite per esempio tanto dai suddetti elenchi, quanto da una specifica Norma UNI, la 11356) risultano illustrate in maniera parziale e talora assai discutibile. A titolo di esempio, al punto 5, relativo alla famiglia professionale della «Tutela e valorizzazione del patrimonio archivistico e librario», si parla di «competenze relative alla biblioteconomia e alle discipline affini», e non di competenze di Archivistica che non è disciplin aaffine, ma ben distinta (anche a livello di insegnamento universitario) dalla Biblioteconomia. Peraltro, preme osservare che, se giunto a perfezionamento nella forma attuale, tale accordo sarebbe in palese contraddizione con quanto stabilito dall’art. 9 bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 42/2004) che riserva gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali, nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione degli stessi, alla responsabilità «secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale».
Per ovviare a quanto sommariamente delineato, offriamo la piena disponibilità a collaborare per trovare una soluzione che contemperi, al tempo stesso, le necessità organizzative di Codesto Ministero ma anche il rispetto delle professionalità impegnate nell’esercizio di delicate e specialistiche funzioni di tutela del patrimonio archivistico e librario del nostro Paese.
Per il Direttivo,
Micaela Procaccia
Presidente ANAI
Comunicato del direttivo a proposito dell’archivio storico della Federazione anarchica italiana
[Scarica in versione .pdf]Roma, 10 febbraio 2023
Come associazione che raccoglie archivisti professionisti, pubblici dipendenti o meno, ci sentiamo chiamati in causa dal recente intervento dell’on.le Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera dei deputati, a proposito dell’archivio storico della Federazione anarchica italiana. Siamo un’associazione la cui competenza nel settore è riconosciuta al punto da essere chiamati dal Ministero delle imprese e del made in Italy e dal Ministero della cultura ad attestare le competenze degli archivisti. Riteniamo, quindi, opportuno, sulla base della nostra esperienza lunga più di 70 anni, esprimere alcune precisazioni in merito. La dichiarazione di interesse storico particolarmente importante non è un premio e neppure un attestato di buona condotta: è il riconoscimento, da parte del Ministero della cultura, del fatto che i documenti di un determinato archivio, prescindendo totalmente dalla posizione che in essi viene espressa, sono utili per la ricerca storica e, più in generale, per la cultura del nostro Paese. Infatti, tale dichiarazione è stata emanata, quando ritenuta opportuna, per gli archivi di esponenti di ogni area politica, per gli archivi di scrittori e poeti, di imprese e istituti culturali, partiti, sindacati e via dicendo, alla luce di una valutazione culturale della loro utilità ai fini della ricerca storica.
A tal fine, accade che vengano emanate dichiarazioni relative ad archivi i cui documenti giungono ad anni relativamente recenti: così ad esempio per gli archivi del Movimento sociale italiano, del Partito della Rifondazione comunista, del Partito radicale, o per quello di Pino Rauti, dei quali è stato riconosciuto l’interesse culturale particolarmente importante.
Solo la disponibilità e lo studio dei documenti consentono, infatti, di ricostruire periodi, anche oscuri, della storia.
La dichiarazione contiene, più che privilegi, obblighi, come quello di consentirne la consultazione e il divieto di smembrare l’archivio e di esportarlo, cosa, questa, che non dovrebbe essere indifferente a chi ha a cuore il patrimonio documentario nazionale e la promozione della ricerca storica.
Per quanto riguarda l’archivio del Circolo di studi sociali Errico Malatesta- Federazione anarchica italiana, la documentazione è stata dichiarata di interesse particolarmente importante dall’allora Ministero dei beni culturali con decreto n. 1 del 28 giugno 2010 emesso dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna. Nella dichiarazione (disponibile on line sul sito della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia Romagna) la consistenza è di circa 240 buste oltre a carte sciolte relative all’attività della Federazione (dal 1945 al 2010), a singole personalità (dal 1972), manifesti e locandine (dal 1905 al 2010), materiale relativo a circoli e federazioni locali (1920-2010). È disponibile inoltre una biblioteca con oltre 7000 monografie tra testi di propaganda politica, saggi storici e politici, romanzi e racconti legati al mondo anarchico e libertario, con le principali riviste anarchiche del secondo dopoguerra, numerosi periodici anteguerra e una notevole raccolta di fogli anarchici e libertari dell’Ottocento e primo Novecento. Da dicembre 2011 una parte consistente della biblioteca (circa 3500 titoli) è consultabile on line. Il Circolo conserva una raccolta di 30 bandiere storiche dal 1936 agli anni ‘70 una raccolta di film, filmati e documentari in cassetta e su dvd, registrazioni audio su cd, raccolte musicali. L’ Archivio è aperto il sabato pomeriggio su appuntamento; è disponibile una sala di consultazione e un servizio di fotoriproduzione. Dell’utilità per la ricerca di tale documentazione testimonia la bibliografia annessa alla scheda informativa del Sistema informativo unificato delle Soprintendenze archivistiche. In particolare, si veda per gli anni recenti che sembrano preoccupare l’on.le Mollicone, Fondazione Lelio e Lisli Basso – ISSOCO, Guida alle fonti per la storia dei movimenti in Italia: 1966-1978, a cura di M. Grispigni – L. Musci, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2003, pp. 139-140 (Pubblicazioni Archivi di Stato, Strumenti CLXII), con versione on line, B. Tobagi, Gli anarchici negli anni ’60 e ’70, pubblicato nel portale Rete degli archivi per non dimenticare, della Direzione generale archivi, inaugurato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Alla luce di quanto esposto, ci sembra del tutto evidente che nessuna considerazione relativa all’attività politica contingente debba inficiare la valutazione esclusivamente culturale della documentazione di interesse storico, come pure non sia utile invocare ispezioni da parte del Ministero dell’interno (non competente in materia di archivi storici dal 1975, se non per la eventuale riservatezza dei documenti) per archivi in cui si immaginano documenti “inneggianti all’omicidio o al terrorismo” che, nel caso di cui parliamo, sarebbero in gran parte relativi al secolo scorso.
Il Consiglio Direttivo Nazionale
Archivio anni precedenti
Comunicati 2022
Comunicato per la conclusione della conferenza ICA Roma 2022
Roma, 6 ottobre 2022
Si è conclusa pochi giorni fa la Conferenza ICA 2022, la 9° Conferenza Internazionale degli Archivi.
L’evento, sostenuto dalla Direzione generale Archivi, da SOS Archivi e dall’Associazione nazionale archivistica italiana – ANAI e organizzato con il supporto di Symposia srl, si è svolto sotto il patrocinio del Ministero della Cultura e ha avuto il sostegno del CBI (Convention Bureau Italia) e CBRL (Convention Bureau Roma e Lazio). La conferenza ha riscosso un enorme successo registrando la partecipazione di circa 720 delegati provenienti da tutto il mondo.
Sono stati tre giorni densi di incontri professionali che hanno visto il ricchissimo contributo di circa 200 speaker in rappresentanza di 83 paesi.
“Siamo molto grati a tutti coloro che hanno partecipato alla Conferenza e a tutti coloro che hanno condiviso le loro conoscenze, competenze ed i loro progetti in corso con il comunità internazionale di archivistica” sottolinea il Consiglio internazionale in un messaggio rivolto a tutti coloro che hanno partecipato.
Il tema di quest’anno era “Bridging the Gap” incentrato sui divari digitali, culturali, democratici e di distanza che gli archivi possono aiutare a colmare.
A completamento dei lavori internazionali, l’Italian Archival Day ospitato il 24 settembre dall’Archivio centrale dello Stato, ha ripreso i temi della Conferenza internazionale ICA Rome 2022 approfondendo alcune questioni di particolare rilevanza per gli archivi italiani: la conservazione digitale, l’esercizio della tutela, la formazione professionale e la fruizione dei patrimoni archivistici in rete. Paola Carucci ha presentato una riflessione sul ruolo di Elio Lodolini per l’archivistica italiana.
Comunicato per Manola Venzo
Roma, 6 febbraio 2022
Un grave lutto ha colpito la comunità archivistica. Dopo una lunga malattia, sopportata in silenzio con discrezione e con estrema dignità, è venuta a mancare la nostra collega Manola Ida Venzo, socia storica dell’ANAI, della cui sezione Lazio è stata presidente dal 1999 al 2002.
Laureatasi in filosofia nel 1975, dopo un periodo di insegnamento nelle scuole secondarie, era entrata in servizio nel Ministero per i Beni culturali come archivista di Stato. Ha lavorato inizialmente presso il Centro di Fotoriproduzione Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato e poi per molti anni e sino alla pensione (nel 2015) presso l’Archivio di Stato di Roma, dove è stata anche docente nell’annessa Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica. Oltre ai tanti lavori archivistici di ordinamento e inventariazione, ha curato importanti mostre documentarie e convegni di studio. Numerose anche le sue pubblicazioni di carattere storico-archivistico: 10 monografie e una trentina di saggi. Fra i suoi principali interessi di ricerca: la storia delle istituzioni dello Stato pontificio, la storia dell’istruzione, le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei durante il fascismo, la storia di genere, le scritture femminili.
Responsabile presso l’Archivio di Stato di Roma del progetto Osservatorio su storia e scritture delle donne istituito presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ha diretto, insieme alla professoressa Marina Caffiero, la collana di studi La memoria restituita. Fonti per la storia delle donne, edita da Viella, nella quale sono usciti sinora 16 volumi.
Al marito, ai figli e a tutti i suoi familiari giungano le più sentite condoglianze del Consiglio direttivo della sezione Lazio dell’ANAI.
Il Direttivo Nazionale si unisce al cordoglio dei familiari, della sezione Lazio e di tutta la comunità degli archivisti.
Comunicati 2021
Comunicato: Un appello per gli Archivi, memoria storica del Paese
Roma, 21 novembre 2021
L’Associazione nazionale degli archivisti italiani, (ANAI), insieme all’Associazione dei docenti universitari di scienze archivistiche (AIDUSA), alle società delle discipline storiche, ad ANORC e a un grande numero di società, associazioni, consulte delle discipline umanistiche e sociali, e in generale delle professionalità – accademiche e non – che trovano negli archivi e nelle sovrintendenze archivistiche risorse preziose, si appellano con un documento comune al Ministro Dario Franceschini e alla Ministra Maria Cristina Messa per portare alla loro attenzione la situazione di imminente collasso degli istituti archivistici statali.
Si tratta, come è ben noto, di una crisi ormai strutturale, in rapida evoluzione da molti anni. Alle origini del fenomeno c’è certamente il mancato turn over del personale che data almeno dal 2012, ma fra le cause c’è anche la lunga disattenzione nei confronti del settore in termini di stanziamenti finanziari, soluzioni di prospettiva ampia alle esigenze di spazio, mancato investimento adeguato nei progetti di digitalizzazione e di gestione e conservazione dei documenti digitali. Tale situazione è stata portata drammaticamente alla luce dall’emergenza pandemica.
A fronte dell’apertura del paese alla quasi totalità delle attività culturali e di intrattenimento, per gli archivi si registra ancora una situazione ormai intollerabile di aperture ridotte e accessi contingentati alla preziosa documentazione documentaria, manoscritta e libraria che conservano. Nonostante il positivo impegno del Ministero per nuovi bandi di funzionari archivisti, pubblicati e annunciati, che dovrebbero tamponare l’ormai drammatica carenza di personale, i firmatari dell’appello chiedono con forza un intervento immediato e capillare che possa scongiurare quella che si configura come una vera e propria emergenza democratica, restituendo al Paese la sua memoria storica.
Comunicato del Direttivo Nazionale sulla sala studio dell’Archivio di Stato di Genova
Roma, 19 novembre 2021
«Gentile utente, spiace comunicare…» con queste parole ieri, 17 novembre 2021, gli studiosi e i cittadini hanno appreso che, per carenza di personale, non sarebbe stato possibile accedere allo straordinario patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Genova che conserva, tra l’altro, la più antica e continua serie notarile a partire dal 1154.Qualche volta capita di non essere affatto felici di aver previsto l’evoluzione negativa degli eventi, e neppure è un merito averlo fatto. Ma è sicuramente una grave responsabilità quella di chi ne era stato avvertito e nulla ha fatto.
Vale per le pandemie, vale per le emergenze climatiche e vale per il nostro patrimonio culturale, quello che sbandieriamo davanti ai capi di Stato in visita, limitandoci ai soli più prestigiosi musei e scavi mentre tutto il resto (e soprattutto archivi e biblioteche) restano in situazioni al limite della sopravvivenza nell’indifferenza delle autorità politiche. Da più di tre anni segnaliamo l’imminente collasso e ora il previsto e prevedibilissimo caso di chiusura della sala di studio di un grande archivio di Stato si è verificato. Non è il primo: gli istituti di minori dimensioni già da tempo si dibattono in crisi analoghe.
Nel caso di Genova, invano gli studiosi si sono rivolti al Ministero per chiedere di fare qualcosa. I concorsi, che siano per funzionari archivisti o per i 1052 afav – cosa che avrebbe risolto ad esempio il caso di Genova -sono stati banditi con colpevole ritardo oppure avviati ma non ancora chiusi, o ancora sono stati solo annunciati ma senza che ancora se ne sappia nulla. Nelle more, come recita il triste linguaggio burocratico, sono state esplorate possibilità di condivisione di personale con altri istituti, sono stati predisposti progetti di supporto con la società in house del Ministero, cosa che non ci entusiasma ma che potrebbe servire a tamponare la situazione? Perché, perfino per le assunzioni a tempo determinato (e anche queste non sono il massimo), sono dovuti passare mesi dalla decisione (conversione in legge del D.L. 9 giugno 2021,n. 80, con L. 6 agosto 2021, n. 113) all’attuazione che vede ora il nuovo bando per 150 archivisti? E perché un bando di aprile 2021 per funzionari, anche archivisti a tempo indeterminato, vede solo di recente pubblicate le graduatorie? E che fine ha fatto il concorso per 270 archivisti a tempo indeterminato promesso a settembre? Per tacere delle criticità che abbiamo dovuto segnalare rispetto all’annunciato corso-concorso per dirigenti che dovrebbe finalmente attuare quanto promesso addirittura dal precedente Ministro e mai finora concretizzato. La cultura è il fondamento della coscienza di sé come individui e come collettività, della consapevolezza di una storia di cittadinanza, la base per le conoscenze future.
Non a caso si discute di ius culturae, non a caso oggi si affronta il tema degli archivi per uno sviluppo sostenibile.Dobbiamo davvero pensare che il patrimonio culturale meriti attenzione solo se può far vetrina epuò generare incassi? Ma che invece può essere trascurato quando è “solo” oggetto di ricerca costituzionalmente garantita?
Il Direttivo Nazionale ANAI
Comunicazione del Direttivo Nazionale: A proposito delle operazioni di declassifica e versamento anticipato
Roma, 9 settembre 2021
Il recente ampliamento della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 aprile 2014, disposto lo scorso 2 agosto, ha dato un nuovo impulso alle operazioni di declassifica e il versamento anticipato di tutta la documentazione relativa all’organizzazione Gladio e alla Loggia Massonica P2, fornendo finalmente indicazione di procedere in tal senso secondo le corrette pratiche archivistiche e d’intesa con gli Archivi di Stato. Secondo il comunicato stampa diffuso l’8 settembre, il coordinamento di tale operazione è stato ora affidato al Segretario generale della PCM (unico organo peraltro in grado di disporne concretamente la realizzazione agli altri dicasteri).
In attesa di conoscere le concrete conseguenze operative di questa decisione, Anai ribadisce che, disposta la declassifica delle informazioni da parte degli organi competenti, rimane fondamentale e imprescindibile il ruolo degli archivisti e dell’Archivio Centrale dello Stato nelle operazioni di individuazione, descrizione, gestione, messa a disposizione e tutela della riservatezza dei singoli per questa come per tutta la documentazione degli organi centrali e periferici dello Stato. Solo così lo sforzo di trasparenza messo in atto dal Governo potrà trovare una concreta attuazione.
[link non più attivo] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataP ubblicazioneGazzetta=2021-08-10&atto.codiceRedazionale=21A04889 [link non più attivo] https://www.governo.it/it/articolo/il-presidente-draghi-incontra-associazioni-parenti-vittimedi-stragi/17873Il Direttivo Nazionale ANAI
Comunicazione del Direttivo Nazionale: A proposito della questione Archivio Centrale dello Stato
[Scarica in versione .pdf]Roma, 25 agosto 2021
L’Associazione Nazionale Archivistica Italiana ha seguito con grande attenzione il dibattito sorto intorno alla nomina del nuovo sovrintendente dell’Archivio Centrale dello Stato. Abbiamo fino ad oggi difeso il nostro silenzio nella convinzione che la voce di ANAI sia significativa e che sia stato dunque necessario intervenire sulla questione solo dopo un’attenta riflessione. Non nascondiamo che sono giunti da alcuni soci e, in generale, dalla comunità degli archivisti, segnali contrastanti rispetto alla posizione assunta da ANAI dinanzi alle polemiche che stanno interessando l’opinione pubblica.
Il tema oggetto di discussione sul quale si è maggiormente appuntata l’attenzione della comunità archivistica è quello della competenza professionale, dinanzi al fatto che la direzione del massimo istituto archivistico italiano è stata affidata a un dirigente non archivista di Stato. Oggetto della discussione è diventata la specifica preparazione archivistica del dirigente investito dalle polemiche, se essa fosse o meno adeguata al delicato compito da svolgere e, soprattutto, se la nomina di un dirigente che non ha svolto una carriera in istituti archivistici non fosse un ulteriore vulnus a una professione già fortemente colpita. Occorre ribadire che non riteniamo opportuno esprimerci in merito ai curricula dei candidati o alla loro valutazione che, istituzionalmente, spetta ad altri organi. È compito primario della nostra Associazione tutelare e difendere la professione, senza entrare nel merito di singoli percorsi professionali. E vogliamo rammentare che anche in passato l’Associazione non ha voluto pronunciarsi su nomine che hanno posto a capo di istituti archivistici, anche di primaria importanza, persone sprovviste di formazione specifica. Tali scelte del Ministero sono la inevitabile conseguenza della sconsiderata politica di forte indebolimento degli organici dell’Amministrazione, in particolar modo delle posizioni dirigenziali, attuata da almeno un ventennio e che la nostra Associazione ha contestato a gran voce e con forza nei numerosi documenti predisposti e nelle iniziative organizzate a più riprese.
In secondo luogo, comprendiamo le preoccupazioni, e non possiamo non far nostra la vigile attenzione delle Associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo affinché sia difeso e potenziato il processo di desecretazione e messa a disposizione dei documenti sulle vicende che costituiscono uno snodo centrale della storia recente del nostro Paese. Tale percorso è stato a lungo tortuoso e reso difficile da atteggiamenti non sempre collaborativi da parte degli organi dello Stato nella lunga battaglia per l’affermazione della verità sulle stragi. Siamo pienamente consapevoli dei rischi concreti, già riscontrati, che l’applicazione delle direttive non attuata col dovuto rigore scientifico e con coscienza civile comporta. In questo senso condividiamo da molto tempo tutte le preoccupazioni espresse in proposito dai familiari delle vittime e mai ancora del tutto fugate, prescindendo anche dal caso ora sollevato.
Ci preme sottolineare comunque che le Associazioni dei familiari delle vittime svolgono una importante funzione di stimolo e controllo delle operazioni di versamento e messa a disposizione della documentazione sulle stragi attraverso il Comitato consultivo, organo collegiale composto, oltre che dal Soprintendente dell’Archivio centrale dello Stato che lo coordina, anche da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da studiosi di chiara fama, da rappresentanti dell’Amministrazione archivistica. È anche grazie all’opera di tale Comitato e al ruolo svolto dalle Associazioni e da tutte le altre componenti, che si è potuti giungere nelle settimane scorse all’emanazione della nuova Direttiva Draghi, che segna anche nelle forme della desecretazione e nel metodo dei versamenti, alcuni passi in avanti nella direzione del superamento dei limiti delle precedenti Direttive, più volte denunciati, anche recentemente nel corso di un convegno dedicato al tema e organizzato proprio da ANAI, in collaborazione con l’Archivio Flamigni e con l’Archivio Centrale dello Stato. Resta, tuttavia, ancora irrisolto il nodo di adeguati finanziamenti per una vera applicazione delle direttive.
Ma, vogliamo sottolinearlo con forza, sono l’impegno e la competenza degli archivisti di Stato a costituire la più efficace forma di rassicurazione rispetto ai timori paventati nelle operazioni di acquisizione, descrizione e comunicazione della documentazione declassificata. Proprio queste competenze rappresentano la più robusta garanzia di imparzialità nell’esercizio della tutela volta a mettere a disposizione di tutti l’intero patrimonio archivistico confluito negli istituti, indipendentemente dal giudizio storico o morale sui loro soggetti produttori, secondo il dettato dell’articolo 9 e dell’articolo 21, spesso dimenticato, della Costituzione della Repubblica.
In terzo luogo, sulla questione relativa all’archivio Rauti, al centro delle polemiche, non possiamo nascondere che è mancata la dovuta sottolineatura del fatto che spesso un archivio, e in particolare quello di una personalità pubblica, non costituisce uno specchio oggettivo e neutrale del percorso esistenziale del soggetto che lo ha prodotto, ma la sua auto-rappresentazione che gli eredi, materiali e spirituali, cercano non di rado di consolidare e ribadire. Questa riflessione, che è stata di frequente dimenticata anche nel passato, valga come monito, non tanto per sminuire la potenzialità di fonte storica di tali archivi, che anzi proprio per la loro natura e le loro lacune assumono significati plurimi, quanto per ricordare a tutti quanti vi si accostino ˗ archivisti, bibliotecari, storici, ricercatori ˗ che l’esercizio di una critica rigorosa è fondamentale per ordinarli, descriverli, consultarli ed utilizzarli all’interno dei propri percorsi di studio.
Il recente passaggio dell’Archivio Centrale dello Stato a sede dirigenziale di primo livello, come pure la sua destinazione a sede deputata alla costruzione del Polo di conservazione degli archivi digitali degli organi centrali e periferici dello Stato, è stato apprezzato dall’intera comunità archivistica e interpretato come un atto politico di chiaro impegno del Ministro per dare rilievo agli archivi, e in particolare, all’Istituto che conserva la memoria dello Stato unitario, insieme a quella di donne e uomini della politica, del mondo della cultura, delle arti e della vita economica del Paese e che ebbero una parte importante nella sua storia. Proprio per questo ruolo chiave l’Archivio Centrale dello Stato avrebbe meritato già da tempo di far parlare così tanto di sé. Da troppi anni ormai l’Istituto versa in condizioni drammatiche, afflitto da carenze sempre più gravi di personale, da una pianta organica inadeguata e dalla contrazione dei servizi all’utenza, ma anche dalla mancanza di spazi nei depositi per nuove acquisizioni, dal deperimento (irreversibile?) delle sue strutture, senza che i frequenti allarmi lanciati dall’Amministrazione archivistica e le numerose denunce della nostra Associazione, come pure di altre e di altri soggetti, abbiano mai trovato ascolto concreto.
Si colga quindi l’opportunità dell’acceso confronto di queste settimane per mettere al centro del tavolo tali criticità dell’Archivio Centrale dello Stato e degli altri istituti dando finalmente vita a una serie di interventi straordinari che mettano istituti e personale nelle condizioni di operare e di adempiere alla loro missione. Saranno gli interventi a favore degli archivi a porre l’argine più solido e concreto rispetto ai timori di manipolazioni e occultamenti del patrimonio documentario nel quale è rappresentata la storia del nostro Paese.
Per amor di chiarezza, mentre ancora si discute, e probabilmente a lungo si discuterà non avendo le dichiarazioni del Ministro affatto smorzato le polemiche, vogliamo ribadire quelli che sono i punti fermi e i sentimenti comuni che ci animano, al di là delle valutazioni del singolo caso: la centralità delle competenze degli archivisti in qualunque operazione di conservazione, valorizzazione e accessibilità dei documenti tutelati; il valore civile e vorremmo dire costituzionale dei compiti degli archivisti; la massima preoccupazione per la gestione corretta e trasparente di tutta la documentazione e in special modo di quella collegata a momenti dolorosi e indimenticati della storia recente.
Una preoccupazione che condividiamo non solo con i familiari delle vittime ma con tutti i cittadini democratici.
Il Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana
Osservazioni dell’Associazione alla bozza del Regolamento di conservazione Agid
[Scarica in versione .pdf]Comunicati 2020
Lettera al Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo a proposito della riapertura degli archivi
[Scarica in versione .pdf]Roma, 9 novembre 2020
Onorevole Ministro,
l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, che presiedo, ha raccolto in questi ultimi giorni, facendola propria, la preoccupazione di soci, sostenitori e di una vasta fetta del mondo della cultura e della ricerca italiana in merito alla sorte degli archivi, di chi vi opera e dei loro utenti, alla luce degli ultimi provvedimenti governativi e in particolare del disposto del DPCM 3.11.2020 (art. 1, comma 9, lettera R). Tale provvedimento, in particolare, sospendendo i servizi al pubblico dei musei e degli altri luoghi della cultura, non pone distinzioni tra le diverse tipologie di Istituti culturali. Pur senza entrare nel merito di decisioni governative, sostenute dalla valutazione di molteplici ed essenziali fattori e parametri, vogliamo richiamare l’attenzione su alcuni aspetti che caratterizzano la natura e l’attività degli istituti archivistici e del loro patrimonio di cui si vuole ricordare e sottolineare il valore giuridico a fianco di quello storico, ma soprattutto il ruolo di luoghi di lavoro, di studio e di tutela dei diritti. Chiudere del tutto e indiscriminatamente le attività e gli accessi agli archivi significa non solo impedire lo svolgimento del lavoro di ricerca di tipo scientifico (erroneamente considerato al pari di un passatempo e non di una vera e propria attività produttiva) ma anche rallentare le attività tecniche di un mondo professionale e aziendale specializzato che opera intorno agli archivi (purtroppo ancora oggi misconosciuto), nonché la consueta attività di ricerche di tipo amministrativo, mai o poco ricordate ma altrettanto importanti e che coinvolgono un’utenza ancor più vasta.
La grave situazione sanitaria degli ultimi mesi ha costretto gli istituti archivistici a ripensare profondamente le proprie attività e a riorganizzare i propri servizi al pubblico. Trasferite on line tutte le attività di promozione ed educazione al patrimonio, gli istituti hanno profuso i propri sforzi, non senza grandi difficoltà, per garantire l’apertura delle sale di studio (attraverso la limitazione delle presenze e sistemi di prenotazione degli accessi), la sicurezza del personale, degli utenti e del materiale archivistico (attraverso importanti misure di prevenzione), la fruibilità della documentazione da remoto (attraverso lo sforzo per incrementare la digitalizzazione). Si è dunque tentato, se pure in una situazione di ben nota carenza di risorse umane e strutturali e in piena emergenza sanitaria, di assicurare ai cittadini i diritti previsti dagli articoli 9 e 21 della Costituzione.
La nuova chiusura degli archivi paralizza nuovamente, su tutto il territorio nazionale, il lavoro di quanti vi si rivolgono nelle vesti di professionisti, tecnici, ricercatori, docenti, dottorandi e studenti universitari, le cui attività di ricerca non potranno certo essere interamente sostituite con il lavoro da remoto.
Per questo, laddove l’andamento dell’emergenza sanitaria lo consenta, ANAI suggerisce di valutare l’opportunità di garantire l’apertura delle sale di studio degli istituti archivistici, fermo restando il rispetto di tutti i protocolli di sicurezza già adottati con successo e una eventuale modulazione geografica che rispetti l’evolversi della situazione epidemiologica, a garanzia e tutela di lavoratori e utenti.
Laddove invece la situazione dei prossimi giorni induca il Governo a permanere nella decisione della chiusura degli istituti di cultura, e degli archivi in particolare, riteniamo che sia indispensabile, alla luce dei provvedimenti in vigore, utilizzare questo momento di chiusura soprattutto per mettere in campo un significativo e ponderato piano di digitalizzazione, a partire dagli inventari e dagli strumenti di ricerca che consentono l’individuazione dei materiali utili e delle serie archivistiche più consultate, ove ciò non fosse già stato realizzato. Pensiamo, oltre agli Archivi di Stato – che in alcuni casi hanno realizzato, anche se solo per singola e autonoma iniziativa, interventi più o meno estesi – agli archivi dei Comuni o degli Istituti culturali presso i quali questi progetti hanno visto realizzazioni più limitate. Ma perché queste attività risultino effettivamente adeguate alle necessità dell’utenza e della tutela del patrimonio, e perché siano di reale supporto alla fase di lavoro a distanza e possano coinvolgere anche professionisti e aziende specializzate che non vedrebbero del tutto interrotta la loro attività, si chiede di valutare la realizzazione di progetti finanziati da fondi straordinari che pervengano rapidamente agli Istituti archivistici.
Nell’immediato, in regime di lavoro agile così come disposto dall’art. 1, comma 9, lettera NN del sopracitato DPCM, si dovranno coordinare le attività effettivamente realizzabili a distanza per le quali, in ogni caso, devono essere garantite adeguate dotazioni tecnologiche, che consentano efficienti modalità operative ed efficaci risultati per quanto concerne i servizi rivolti all’utenza.
Nel pieno rispetto dei protocolli sanitari vigenti, si rende inoltre necessario consentire l’accesso agli archivi ai professionisti esterni impegnati, al pari dei dipendenti, in una fondamentale opera di tutela e messa a disposizione della collettività del patrimonio archivistico nazionale. A tal proposito auspichiamo che vengano messe a punto opportune indicazioni per l’accesso dei professionisti che effettuano interventi su archivi non statali per conto delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche e anche che per i professionisti, già fortemente penalizzati dalle chiusure occorse a seguito del lockdown primaverile, si prevedano adeguate forme di sostegno e proroghe delle consegne dei lavori per i contratti in essere, proporzionali all’interruzione forzosa delle attività professionali.
A nome dell’Associazione che presiedo Le sottopongo quindi queste considerazioni e richieste, mossa dalla volontà di trovare soluzioni che contemperino le esigenze della tutela del bene primario della salute, insieme a quelle di quanti operano nel settore archivistico, lavoratori e utenti. Colgo anche l’occasione per rinnovare la disponibilità – formulata ai Suoi uffici di diretta collaborazione nelle scorse settimane, insieme all’Associazione Italiana di Docenti Universitari di Scienze Archivistiche – alla nostra partecipazione a un tavolo di confronto per il rilancio dell’intero comparto.
Micaela Procaccia, Presidente Anai
Appello al presidente del Consiglio su conservazione dei dati, informazioni e documenti della PA e conversione DL 76/2020
[Scarica in versione .pdf]Roma, 5 settembre 2020
Illustrissimo Presidente,
le scriviamo in rappresentanza dei nostri associati, aziende e professionisti, ma anche di tutti coloro che operano nel mondo degli archivi, cogliamo l’occasione per rammentarLe quanto sia fondamentale, ora più che mai, che il nostro Paese sia sensibile e attento all’importanza di gestire, custodire e proteggere correttamente la propria memoria: nei giorni dell’emergenza la memoria nazionale si è rivelata un elemento centrale per la coesione sociale. E oggi quella memoria è costituita da dati, documenti e archivi digitali, e la storia del nostro paese, la sua identità, potranno essere conservate soltanto grazie ad interventi consapevoli e invasivi rivolti alla tutela dei documenti che le testimoniano.
Per questi motivi, pur consapevoli della difficoltà che caratterizzano il periodo in corso, Le chiediamo di attuare un ulteriore sforzo per mantenere alta l’attenzione verso i temi del Digitale, non solo dal punto di vista tecnologico, ma strategico: la tecnologia può rivelarsi davvero utile solamente quando utilizzata consapevolmente.
Fra pochi giorni il Governo si troverà a decidere la conversione in Legge del DL 76/2020 e proprio questa potrebbe essere l’occasione per intervenire e risolvere una questione che riguarda la custodia dei dati, delle informazioni e dei documenti digitali della Pubblica amministrazione italiana.
Con l’art. 25 del DL 16 luglio 2020, n°76, il Governo italiano è intervenuto per semplificare l’attuale procedura di accreditamento dei soggetti che intendono prestare, nei confronti di amministrazioni pubbliche italiane, servizi di conservazione dei documenti informatici.
La Relazione illustrativa al DL 76/2020 chiarisce che le misure di semplificazione introdotte dall’art. 25 hanno come obiettivo quello di armonizzare la disciplina della conservazione dei documenti informatici a livello europeo anche in ragione della mancata inclusione del servizio di conservazione tra quelli fiduciari qualificati previsti dal Regolamento (UE) n. 910/2014 (eIDAS). La Commissione europea, infatti, nell’ambito della procedura prevista dalla Direttiva (UE) 2015/1535 e in relazione alla notifica delle “Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici” disposta da AgID, ha rilevato, tra l’altro, anche a seguito dei chiarimenti ricevuti, la non conformità del regime di accreditamento previsto per i servizi di conservazione con l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1807 e l’articolo 3, paragrafo 4, della Direttiva 2000/31/UE.
Conseguentemente l’Italia è stata invitata a rimuovere gli ostacoli all’esercizio dell’attività dei fornitori dei servizi di conservazione in uno stato membro (Notification 2019/0540/I). In questa direzione, l’intervento normativo, anche in conseguenza delle più generali modifiche già apportate all’articolo 29 del CAD, ha escluso la procedura di accreditamento per i soggetti che intendano svolgere l’attività di conservatori di documenti informatici.
Una bocciatura in sede europea dell’accreditamento dei conservatori italiani che, ad avviso di queste Associazioni, va attentamente valutata e compresa.
L’accreditamento dei conservatori, infatti, pur se terminologicamente errato (la parola accreditamento, infatti, si dovrebbe riferire ad altre situazioni), non è concettualmente sbagliato. Il risultato che infatti l’accreditamento, condotto fin qui a cura di AGID, ha prodotto è stato quello di accertare che i conservatori fossero in grado, prima di operare per conto delle PA, di assicurare il pieno rispetto dei requisiti di qualità e sicurezza individuati al fine di garantire l’autenticità, l’integrità, l’immodificabilità, la leggibilità e l’agevole reperibilità nel tempo ai documenti conservati; inoltre, l’accreditamento ha, al contempo, fornito alle PPAA italiane un elenco di soggetti verificati e sottoposti a vigilanza periodica dal quale poter attingere per affidare la realizzazione di attività così delicate e critiche come quelle della conservazione del patrimonio informativo delle amministrazioni pubbliche italiane e permettere la loro successiva corretta conservazione storica permanente.
Si tenga conto che parliamo di documenti, dati e informazioni di rilevanza nazionale sulla base dei quali la PA si muove ed opera e che sostanziano il rapporto della PA con i cittadini; documenti e dati che, se non correttamente conservati, possono produrre ingenti danni per il funzionamento e l’efficienza delle amministrazioni.
Basti pensare alle gravissime conseguenze, legate alla perdita di un archivio di un qualsiasi ente pubblico italiano o al rischio rilevantissimo che tali informazioni possano essere “elaborate” in maniera massiva e aggregata fino al punto di poter consentire a chi ne dispone, di modificare e orientare lo stesso agire amministrativo dalle attività del piccolo ente locale fino alle più rilevanti attività delle amministrazioni centrali.
Mantenere un controllo precoce effettivo ed efficace su queste informazioni non può non essere considerata materia d’importanza nazionale, politica e strategica, strettamente legata alla sicurezza stessa di una nazione e, come detto, alla sua memoria e identità.
Se, come risulta dalla Relazione illustrativa al DL 76/2020, le osservazioni della Commissione europea riguardano gli ostacoli posti dalla normativa sull’accreditamento alla libera circolazione dei dati all’interno dell’unione (articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1807) allora la soluzione non può e non deve essere quella di abbandonare un quadro di abilitazione preventiva all’erogazione di servizi così delicati sotto il profilo della persistenza e della riservatezza di tali informazioni, ma è necessario definire i profili che permettano di ritenere tali limitazioni al libero trattamento dei dati delle nostre PA proporzionato rispetto ai rischi che un trattamento non vincolato comporterebbe. Trattamento giustificato proprio dall’importanza della corretta preservazione del patrimonio documentale delle PA italiane e proporzionato ai rischi che la perdita di riservatezza o la concentrazione non controllata di tali informazioni potrebbero causare all’intero sistema paese.
Allo stesso modo se la Commissione europea ha rilevato che l’accreditamento comporti limitazioni alla libera circolazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro (’articolo 3, paragrafo 4, della Direttiva 2000/31/UE), il nostro Stato deve chiarire come tali limitazioni siano indispensabili al fine di garantire la stessa sicurezza dei suoi cittadini. La stessa direttiva che risulterebbe violata, infatti, permette deroghe alla libera prestazione dei servizi tra i vari stati membri laddove entrino in gioco interessi nazionali particolarmente rilevanti (come la pubblica sicurezza) o nel caso in cui le limitazioni alla libera circolazione dei servizi servano a garantire la tutela della salute pubblica!
Stiamo parlando di documenti e di archivi pubblici d’importanza fondamentale che solo se correttamente gestiti possono garantire nel tempo la piena trasparenza dell’azione amministrativa e la sua correttezza e soprattutto certezza.
È bene ricordare anche che, proprio in ragione della loro capacità di certificare i diritti dei cittadini e della loro importanza ai fini della ricostruzione delle storie individuali e collettive, questi documenti sono considerati beni culturali fin dal momento della creazione, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, lettera b) del d,lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e come tali sottoposti alla tutela del MiBACT che vigila sulle modalità di gestione e produzione di questi documenti indipendentemente dal supporto, collabora con AGID per l’elaborazione di linee guida su temi del documento digitale e ha potere esclusivo di autorizzazione per lo scarto di documenti (su qualunque supporto) ritenuti inutili, nonché per i piani di conservazione di tutti gli uffici pubblici.
Una conservazione non sicura non permetterebbe di garantire la certezza stessa dell’azione amministrativa con ricadute pericolosissime sulla stessa sicurezza nazionale. Anzi vale sottolineare come un ulteriore passo avanti potrebbe essere compiuto in questa occasione regolamentando, secondo corretti principi archivistici e, quindi, con il coinvolgimento formale degli Archivi di Stato e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la conservazione delle fonti destinate a costituire il patrimonio documentario storico del nostro Paese, superando la natura ancora limitata e frammentaria degli attuali processi conservativi.
Ancor di più, la possibile (perché non controllata) concentrazione di tali informazioni nelle mani di pochi soggetti non sottoposti a controllo preventivo e continuativo da parte del nostro Stato, comporterebbe incredibili e pericolosissimi rischi alla sicurezza stessa della nostra nazione. Dopotutto sono davanti agli occhi di tutti gli effetti che la concentrazione di gradi quantità di dati personali può avere sulla corretta formazione dell’opinione pubblica: immaginiamo solo quanto sarebbe possibile prevenire ed orientare l’azione amministrativa italiana e le scelte politiche dei suoi cittadini, se questi dati finissero nelle mani sbagliate.
D’altronde, proprio per questi motivi, altri paesi europei hanno introdotto e mantengono quadri di approvazione preventiva dei conservatori abilitati a lavorare per conto delle pubbliche amministrazioni. La Francia, ad esempio, ha un preciso quadro di approvazione preventiva che vede coinvolte le prefetture dipartimentali e le soprintendenze locali al fine di valutare e validare i fornitori di servizi di conservazione ai quali possono rivolgersi le pubbliche amministrazioni francesi. Un quadro simile è previsto anche in Germania.
Diventa, quindi, di fondamentale importanza che anche l’Italia difenda il corretto trattamento e la sicura conservazione del proprio patrimonio documentale.
L’auspicio è quello che già in sede di conversione in Legge del DL 76/2020 e poi in sede di ridefinizione delle Linee guida su formazione, gestione e conservazione del documento informatico e del successivo regolamento AgID non solo dettino rigidi ed elevati requisiti organizzativi, di qualità e sicurezza per l’erogazione dei servizi di conservazione alle PA italiane, ma che venga anche garantito un controllo preventivo sui soggetti che erogano tali servizi prevedendo finalmente in modo formale anche la presenza decisiva nella definizione del quadro normativo e regolamentare degli uffici del Mibact preposti ad attività di tutela e vigilanza degli archivi pubblici.
Solo in questo modo le PA, attualmente prive, nella maggior parte dei casi, delle competenze necessarie ad individuare il fornitore idoneo, potranno garantire dei corretti affidamenti all’esterno dei servizi di conservazione; allo stesso tempo, solo tramite una verifica preventiva e una conseguente iscrizione in un elenco ristretto di soggetti preventivamente approvati sarà peraltro possibile effettuare con efficacia le attività di vigilanza da parte di AgID che, seppur ridimensionate, permangono anche dopo le semplificazioni del DL 76/2020.
Dopotutto una vigilanza che possa intervenire solo a danno avvenuto (distruzione o perdita di riservatezza dei documenti) risulterà davvero poco utile con il rischio di comprometterne del tutto l’efficacia.