Onorevole Sig. Ministro,
Confidando nella sua intenzione di operare per un miglioramento funzionale del Ministero da Lei guidato e nella disponibilità a riconoscere il ruolo delle associazioni professionali che operano da tempo a difesa dei patrimoni culturali e a sostegno dei professionisti di settore, le scriviamo per avanzare alcune considerazioni di ordine generale in merito alla riorganizzazione del Ministero della cultura come presentata nello Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante “Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell’Organismo indipendente di valutazione della performance”.


Abbiamo accolto con favore la presenza della Direzione Generale Archivi (ARC) tra gli uffici dirigenziali di livello generale nel Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale (DiT) ed anche la conferma delle funzioni e compiti relativi alla tutela e valorizzazione dei beni archivistici.

La revisione della struttura organizzativa del Ministero della cultura così come emerge dallo schema di DPCM segna il passaggio dal modello organizzativo del segretariato generale al modello dipartimentale. La scelta di un’organizzazione dipartimentale è programmaticamente volta ad assicurare l’esercizio rapido ed efficace delle funzioni di coordinamento delle direzioni generali onde assicurare una gestione amministrativa orientata al raggiungimento degli obiettivi fissati. Purtuttavia ravvisiamo alcuni elementi di criticità.

Non possiamo non ricordare infatti che il modello dipartimentale è già stato adottato in passato accrescendo la complessità e generando una moltiplicazione delle linee di comando, oltre che un congestionamento dell’amministrazione centrale. Riteniamo inoltre di dover sottolineare come appare complesso conciliare compiti e funzioni condivise tra la DGA e altre Direzioni generali, come nel rapporto tra la DG Digitalizzazione e Comunicazione e gli archivi digitali; parimenti appare arduo immaginare la conciliazione tra l’esercizio della valorizzazione affidato alla Direzione Generale Archivi e le funzioni affidate all’Istituto centrale per la valorizzazione economica e la promozione del patrimonio culturale, articolazione organizzativa del Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale (DiVa).

Rileviamo inoltre un aumento delle articolazioni del Ministero a 35 unità tra dipartimenti, uffici dirigenziali di livello generali centrali e uffici dirigenziali di livello generale periferici dotati di autonomia speciale, inclusa l’organizzazione dell’Unità di missione PNRR e della Soprintendenza speciale PNRR. A tre dipartimenti è affidata, oltre alle competenze specifiche di tutela del patrimonio culturale, valorizzazione del patrimonio culturale e promozione delle attività culturali, una competenza trasversale comune per la gestione delle attività amministrative riferite alle risorse umane, al bilancio, alla digitalizzazione e comunicazione, agli affari europei e internazionali e ai rapporti con l’UNESCO e alla promozione di studi, ricerche e iniziative scientifiche nelle materie di rispettiva competenza; ci domandiamo se tale organizzazione potrà generare sovrapposizioni, vuoti decisionali o ridurre l’autonomia delle Direzioni generali.
Una criticità sostanziale si ravvisa soprattutto nella riduzione delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche a mero “proponente” della dichiarazione di interesse culturale dell’art. 13 e seguenti del codice, rileviamo infatti che all’art. 20 bis, nell’indicare i compiti delle Commissioni regionali per il patrimonio culturale al comma3 b si dice che la Commissione regionale per il patrimonio culturale “dichiara, su proposta delle competenti Soprintendenze di settore, l’interesse culturale delle cose, a chiunque appartenenti, ai sensi dell’articolo 13 del Codice”.

Preme sottolineare, infine, che il settore archivistico ha una rilevanza superiore a quella talvolta riconosciuta da precedenti riforme ministeriali, rilevanza cresciuta in questi ultimi anni con la dimensione digitale.
Proprio in questi mesi infatti il settore archivistico mostra il suo ruolo nella riforma del regolamento europeo eIDAS, regolamento che per la prima volta vede affrontare, tra gli altri, anche il nodo della conservazione degli archivi informatici. In questo ambito, il nostro Paese in generale e le strutture archivistiche interne e periferiche del Ministero hanno acquisito una notevole esperienza fino ad avere un ruolo anche nel campo della condivisione dei dati, secondo asse portante sul quale si basa la nuova Agenda digitale europea. È essenziale tuttavia che tale ruolo sia sostenuto anche da scelte istituzionali volte a garantire l’autorevolezza alle strutture stesse, soprattutto alle più importanti. Ci riferiamo in particolare al ruolo dell’Archivio Centrale dello Stato, ufficio oggi dotato di autonomia speciale di livello dirigenziale generale, sottoposto alla vigilanza della Direzione generale Archivi e, limitatamente ai profili finanziari e contabili, della Direzione generale Bilancio. Crediamo sia di massima importanza che l’istituto conservi il suo ruolo dirigenziale di I fascia, non solo per le funzioni riconosciute, ma per il compito fondamentale che sta svolgendo come soggetto attuatore del sub-investimento 1.1.8, nell’ambito del M1C3, investimento 1.1. “Digital Strategy and Platforms for Cultural Heritage” del PNRR il cui obiettivo è quello di realizzare un Polo di conservazione digitale “per rispondere all’esigenza di adottare strategie e strumenti uniformi per la conservazione degli archivi digitali, in modo affidabile e sostenibile”.

Auspichiamo, concludendo, che l’intervento di riorganizzazione del Ministero voglia affrontare e risolvere problemi complessi con visione ampia e che le scelte operate dai dirigenti preposti alle nuove articolazioni del Ministero siano rispettose delle competenze specifiche di ogni settore dei beni culturali.

Erika Vettone
Presidente di ANAI, Associazione nazionale archivistica italiana

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