Il 15 gennaio l'Assemblea della Camera ha approvato, con piccole integrazioni che non ne alterano il contenuto, la proposta di legge n. 362 (Madia, Ghizzoni, Orfini) recante modifiche al codice dei beni culturali in materia di professioni dei beni culturali. Il testo passa ora all'esame del Senato.
Com'è noto, la legge, consistente in due soli articoli, modifica il Codice dei beni culturali e del paesaggio introducendo norme che prevedono che gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, di cui ai titoli I e II della parte seconda del codice, sono affidati alla responsabilità e all'attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali,esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell'arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.
Sono istituiti presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo elenchi nazionali dei predetti professionisti, in possesso dei requisiti individuati come segue. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e d'intesa con le rispettive associazioni professionali, individuate ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, e successive modificazioni, e della legge 14 gennaio 2013, n. 4 (sulle professioni non riconosciute), stabilisce con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, le modalità e i requisiti per l'iscrizione dei professionisti negli elenchi, nonché le modalità per la loro tenuta in collaborazione con le predette associazioni professionali.
Un emendamento dell'ultim'ora ha aggiunto che la non iscrizione negli elenchi non impedisce l'esercizio della rispettiva professione. Non modifica però la norma per cui gli interventi sui beni culturali - nel caso degli archivi, sugli archivi dello Stato e degli enti pubblici e sugli archivi privati dichiarati - debbano essere affidati a professionisti in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale. Questa adeguata formazione ed esperienza è garantita dall'iscrizione ai registri, i requisiti per la quale saranno definiti "d'intesa con le associazioni professionali", e che avverrà secondo modalità per le quali è prevista la "collaborazione" con le associazioni professionali.
Si tratta di un risultato di grande rilevanza per tutto il settore dei beni culturali e per tutti gli archivisti professionisti che ne sono parte integrante, per il quale dobbiamo ringraziare vivamente gli sforzi e il grande lavoro compiuto a questo fine nelle due ultime legislature dall'on. Manuela Ghizzoni, docente di storia da sempre amica degli archivi e degli archivisti (nonché socia dell'ANAI...), proponente del progetto - già presentato dall'on. Maria Anna Madia nella scorsa legislatura - erede di precedenti analoghi progetti di legge, che ha sostenuto come presidente della Commissione cultura nella scorsa legislatura e come alacre relatrice dello stesso in questa.
E' anche un grande risultato per la nostra Associazione e per gli archivisti tutti e per chi in essa ci ha lavorato come Sisifo sempre credendoci per ben 7 legislature dal lontano 1993, quando presentammo come ANAI, con altre associazioni, il primo progetto in materia (interamente da noi redatto e proposto) ancora in piena I Repubblica.
Come tutti i provvedimenti legislativi che devono passare attraverso numerose mediazioni e condizioni vincolanti (la nuova normativa sulle professioni non riconosciute sopra citata, che peraltro l'ANAI è già impegnata ad attuare nel suo Statuto), non realizza in modo completo e perfetto tutte le richieste e le esigenze da noi avanzate, ma costituisce sostanzialmente di certo il riconoscimento più avanzato che nelle attuali condizioni politiche e legislative si poteva ottenere, in quanto, pur se non si spinge a dirlo espressamente, enuncia di fatto il principio che non solo gli interventi di tutela, protezione e conservazione dei beni archivistici, ma addirittura anche quelli di valorizzazione e fruizione dei beni stessi, di cui al codice dei beni culturali, "sono affidati" ad archivisti di adeguata formazione ed esperienza professionale. Nel linguaggio giuridico quel "sono affidati" equivale a dire che "devono" essere affidati. Si tratta di un principio che tende comunque a garantire i beni e a indicare l'esigenza dell'affidamento a professionisti qualificati, che per le pubbliche amministrazioni costituirà di fatto un obbligo cautelativo inderogabile.
Si tratta ora di vedere se al Senato il disegno non verrà alterato e a tal fine si continuerà a lavorare.
Ferruccio Ferruzzi, Consiglio nazionale ANAI