Roma, 9 novembre 2020
Prot. n. 15/2020. Class. 01.01
Al Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo
On. Dario Franceschini
e p. c. Al Presidente del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici
Prof. Marco D’Alberti
Al Capo di Gabinetto
Prof. Lorenzo Casini
Al Presidente del CTS archivi
Dott.ssa Diana Toccafondi
Onorevole Ministro,
l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, che presiedo, ha raccolto in questi ultimi giorni, facendola propria, la preoccupazione di soci, sostenitori e di una vasta fetta del mondo della cultura e della ricerca italiana in merito alla sorte degli archivi, di chi vi opera e dei loro utenti, alla luce degli ultimi provvedimenti governativi e in particolare del disposto del DPCM 3.11.2020 (art. 1, comma 9, lettera R). Tale provvedimento, in particolare, sospendendo i servizi al pubblico dei musei e degli altri luoghi della cultura, non pone distinzioni tra le diverse tipologie di Istituti culturali. Pur senza entrare nel merito di decisioni governative, sostenute dalla valutazione di molteplici ed essenziali fattori e parametri, vogliamo richiamare l'attenzione su alcuni aspetti che caratterizzano la natura e l’attività degli istituti archivistici e del loro patrimonio di cui si vuole ricordare e sottolineare il valore giuridico a fianco di quello storico, ma soprattutto il ruolo di luoghi di lavoro, di studio e di tutela dei diritti. Chiudere del tutto e indiscriminatamente le attività e gli accessi agli archivi significa non solo impedire lo svolgimento del lavoro di ricerca di tipo scientifico (erroneamente considerato al pari di un passatempo e non di una vera e propria attività produttiva) ma anche rallentare le attività tecniche di un mondo professionale e aziendale specializzato che opera intorno agli archivi (purtroppo ancora oggi misconosciuto), nonché la consueta attività di ricerche di tipo amministrativo, mai o poco ricordate ma altrettanto importanti e che coinvolgono un’utenza ancor più vasta.
La grave situazione sanitaria degli ultimi mesi ha costretto gli istituti archivistici a ripensare profondamente le proprie attività e a riorganizzare i propri servizi al pubblico. Trasferite on line tutte le attività di promozione ed educazione al patrimonio, gli istituti hanno profuso i propri sforzi, non senza grandi difficoltà, per garantire l’apertura delle sale di studio (attraverso la limitazione delle presenze e sistemi di prenotazione degli accessi), la sicurezza del personale, degli utenti e del materiale archivistico (attraverso importanti misure di prevenzione), la fruibilità della documentazione da remoto (attraverso lo sforzo per incrementare la digitalizzazione). Si è dunque tentato, se pure in una situazione di ben nota carenza di risorse umane e strutturali e in piena emergenza sanitaria, di assicurare ai cittadini i diritti previsti dagli articoli 9 e 21 della Costituzione.
La nuova chiusura degli archivi paralizza nuovamente, su tutto il territorio nazionale, il lavoro di quanti vi si rivolgono nelle vesti di professionisti, tecnici, ricercatori, docenti, dottorandi e studenti universitari, le cui attività di ricerca non potranno certo essere interamente sostituite con il lavoro da remoto.
Per questo, laddove l’andamento dell’emergenza sanitaria lo consenta, ANAI suggerisce di valutare l’opportunità di garantire l’apertura delle sale di studio degli istituti archivistici, fermo restando il rispetto di tutti i protocolli di sicurezza già adottati con successo e una eventuale modulazione geografica che rispetti l’evolversi della situazione epidemiologica, a garanzia e tutela di lavoratori e utenti.
Laddove invece la situazione dei prossimi giorni induca il Governo a permanere nella decisione della chiusura degli istituti di cultura, e degli archivi in particolare, riteniamo che sia indispensabile, alla luce dei provvedimenti in vigore, utilizzare questo momento di chiusura soprattutto per mettere in campo un significativo e ponderato piano di digitalizzazione, a partire dagli inventari e dagli strumenti di ricerca che consentono l’individuazione dei materiali utili e delle serie archivistiche più consultate, ove ciò non fosse già stato realizzato. Pensiamo, oltre agli Archivi di Stato - che in alcuni casi hanno realizzato, anche se solo per singola e autonoma iniziativa, interventi più o meno estesi - agli archivi dei Comuni o degli Istituti culturali presso i quali questi progetti hanno visto realizzazioni più limitate. Ma perché queste attività risultino effettivamente adeguate alle necessità dell’utenza e della tutela del patrimonio, e perché siano di reale supporto alla fase di lavoro a distanza e possano coinvolgere anche professionisti e aziende specializzate che non vedrebbero del tutto interrotta la loro attività, si chiede di valutare la realizzazione di progetti finanziati da fondi straordinari che pervengano rapidamente agli Istituti archivistici.
Nell’immediato, in regime di lavoro agile così come disposto dall’art. 1, comma 9, lettera NN del sopracitato DPCM, si dovranno coordinare le attività effettivamente realizzabili a distanza per le quali, in ogni caso, devono essere garantite adeguate dotazioni tecnologiche, che consentano efficienti modalità operative ed efficaci risultati per quanto concerne i servizi rivolti all’utenza.
Nel pieno rispetto dei protocolli sanitari vigenti, si rende inoltre necessario consentire l’accesso agli archivi ai professionisti esterni impegnati, al pari dei dipendenti, in una fondamentale opera di tutela e messa a disposizione della collettività del patrimonio archivistico nazionale. A tal proposito auspichiamo che vengano messe a punto opportune indicazioni per l’accesso dei professionisti che effettuano interventi su archivi non statali per conto delle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche e anche che per i professionisti, già fortemente penalizzati dalle chiusure occorse a seguito del lockdown primaverile, si prevedano adeguate forme di sostegno e proroghe delle consegne dei lavori per i contratti in essere, proporzionali all’interruzione forzosa delle attività professionali.
A nome dell’Associazione che presiedo Le sottopongo quindi queste considerazioni e richieste, mossa dalla volontà di trovare soluzioni che contemperino le esigenze della tutela del bene primario della salute, insieme a quelle di quanti operano nel settore archivistico, lavoratori e utenti. Colgo anche l’occasione per rinnovare la disponibilità - formulata ai Suoi uffici di diretta collaborazione nelle scorse settimane, insieme all’Associazione Italiana di Docenti Universitari di Scienze Archivistiche – alla nostra partecipazione a un tavolo di confronto per il rilancio dell’intero comparto.
Micaela Procaccia, Presidente Anai