ANAI - Comunicazione del direttivo nazionale: A proposito della questione Archivio Centrale dello Stato
Roma, 25 agosto 2021

A proposito della questione Archivio Centrale dello Stato

 

L'Associazione Nazionale Archivistica Italiana ha seguito con grande attenzione il dibattito sorto intorno alla nomina del nuovo sovrintendente dell'Archivio Centrale dello Stato. Abbiamo fino ad oggi difeso il nostro silenzio nella convinzione che la voce di ANAI sia significativa e che sia stato dunque necessario intervenire sulla questione solo dopo un'attenta riflessione. Non nascondiamo che sono giunti da alcuni soci e, in generale, dalla comunità degli archivisti, segnali contrastanti rispetto alla posizione assunta da ANAI dinanzi alle polemiche che stanno interessando l'opinione pubblica.

 

Il tema oggetto di discussione sul quale si è maggiormente appuntata l'attenzione della comunità archivistica è quello della competenza professionale, dinanzi al fatto che la direzione del massimo istituto archivistico italiano è stata affidata a un dirigente non archivista di Stato. Oggetto della discussione è diventata la specifica preparazione archivistica del dirigente investito dalle polemiche, se essa fosse o meno adeguata al delicato compito da svolgere e, soprattutto, se la nomina di un dirigente che non ha svolto una carriera in istituti archivistici non fosse un ulteriore vulnus a una professione già fortemente colpita. Occorre ribadire che non riteniamo opportuno esprimerci in merito ai curricula dei candidati o alla loro valutazione che, istituzionalmente, spetta ad altri organi. È compito primario della nostra Associazione tutelare e difendere la professione, senza entrare nel merito di singoli percorsi professionali. E vogliamo rammentare che anche in passato l'Associazione non ha voluto pronunciarsi su nomine che hanno posto a capo di istituti archivistici, anche di primaria importanza, persone sprovviste di formazione specifica. Tali scelte del Ministero sono la inevitabile conseguenza della sconsiderata politica di forte indebolimento degli organici dell'Amministrazione, in particolar modo delle posizioni dirigenziali, attuata da almeno un ventennio e che la nostra Associazione ha contestato a gran voce e con forza nei numerosi documenti predisposti e nelle iniziative organizzate a più riprese. 

 

In secondo luogo, comprendiamo le preoccupazioni, e non possiamo non far nostra la vigile attenzione delle Associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo affinché sia difeso e potenziato il processo di desecretazione e messa a disposizione dei documenti sulle vicende che costituiscono uno snodo centrale della storia recente del nostro Paese. Tale percorso è stato a lungo tortuoso e reso difficile da atteggiamenti non sempre collaborativi da parte degli organi dello Stato nella lunga battaglia per l'affermazione della verità sulle stragi. Siamo pienamente consapevoli dei rischi concreti, già riscontrati, che l'applicazione delle direttive non attuata col dovuto rigore scientifico e con coscienza civile comporta. In questo senso condividiamo da molto tempo tutte le preoccupazioni espresse in proposito dai familiari delle vittime e mai ancora del tutto fugate, prescindendo anche dal caso ora sollevato.

 

Ci preme sottolineare comunque che le Associazioni dei familiari delle vittime svolgono una importante funzione di stimolo e controllo delle operazioni di versamento e messa a disposizione della documentazione sulle stragi attraverso il Comitato consultivo, organo collegiale composto, oltre che dal Soprintendente dell'Archivio centrale dello Stato che lo coordina, anche da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da studiosi di chiara fama, da rappresentanti dell'Amministrazione archivistica. È anche grazie all'opera di tale Comitato e al ruolo svolto dalle Associazioni e da tutte le altre componenti, che si è potuti giungere nelle settimane scorse all'emanazione della nuova Direttiva Draghi, che segna anche nelle forme della desecretazione e nel metodo dei versamenti, alcuni passi in avanti nella direzione del superamento dei limiti delle precedenti Direttive, più volte denunciati, anche recentemente nel corso di un convegno dedicato al tema e organizzato proprio da ANAI, in collaborazione con l'Archivio Flamigni e con l'Archivio Centrale dello Stato. Resta, tuttavia, ancora irrisolto il nodo di adeguati finanziamenti per una vera applicazione delle direttive.

 

Ma, vogliamo sottolinearlo con forza, sono l'impegno e la competenza degli archivisti di Stato a costituire la più efficace forma di rassicurazione rispetto ai timori paventati nelle operazioni di acquisizione, descrizione e comunicazione della documentazione declassificata. Proprio queste competenze rappresentano la più robusta garanzia di imparzialità nell'esercizio della tutela volta a mettere a disposizione di tutti l'intero patrimonio archivistico confluito negli istituti, indipendentemente dal giudizio storico o morale sui loro soggetti produttori, secondo il dettato dell'articolo 9 e dell'articolo 21, spesso dimenticato, della Costituzione della Repubblica.

 

In terzo luogo, sulla questione relativa all'archivio Rauti, al centro delle polemiche, non possiamo nascondere che è mancata la dovuta sottolineatura del fatto che spesso un archivio, e in particolare quello di una personalità pubblica, non costituisce uno specchio oggettivo e neutrale del percorso esistenziale del soggetto che lo ha prodotto, ma la sua auto-rappresentazione che gli eredi, materiali e spirituali, cercano non di rado di consolidare e ribadire. Questa riflessione, che è stata di frequente dimenticata anche nel passato, valga come monito, non tanto per sminuire la potenzialità di fonte storica di tali archivi, che anzi proprio per la loro natura e le loro lacune assumono significati plurimi, quanto per ricordare a tutti quanti vi si accostino ˗ archivisti, bibliotecari, storici, ricercatori ˗ che l'esercizio di una critica rigorosa è fondamentale per ordinarli, descriverli, consultarli ed utilizzarli all'interno dei propri percorsi di studio.

 

Il recente passaggio dell'Archivio Centrale dello Stato a sede dirigenziale di primo livello, come pure la sua destinazione a sede deputata alla costruzione del Polo di conservazione degli archivi digitali degli organi centrali e periferici dello Stato, è stato apprezzato dall'intera comunità archivistica e interpretato come un atto politico di chiaro impegno del Ministro per dare rilievo agli archivi, e in particolare, all'Istituto che conserva la memoria dello Stato unitario, insieme a quella di donne e uomini della politica, del mondo della cultura, delle arti e della vita economica del Paese e che ebbero una parte importante nella sua storia. Proprio per questo ruolo chiave l'Archivio Centrale dello Stato avrebbe meritato già da tempo di far parlare così tanto di sé. Da troppi anni ormai l'Istituto versa in condizioni drammatiche, afflitto da carenze sempre più gravi di personale, da una pianta organica inadeguata e dalla contrazione dei servizi all'utenza, ma anche dalla mancanza di spazi nei depositi per nuove acquisizioni, dal deperimento (irreversibile?) delle sue strutture, senza che i frequenti allarmi lanciati dall'Amministrazione archivistica e le numerose denunce della nostra Associazione, come pure di altre e di altri soggetti, abbiano mai trovato ascolto concreto. 

 

Si colga quindi l'opportunità dell'acceso confronto di queste settimane per mettere al centro del tavolo tali criticità dell'Archivio Centrale dello Stato e degli altri istituti dando finalmente vita a una serie di interventi straordinari che mettano istituti e personale nelle condizioni di operare e di adempiere alla loro missione. Saranno gli interventi a favore degli archivi a porre l'argine più solido e concreto rispetto ai timori di manipolazioni e occultamenti del patrimonio documentario nel quale è rappresentata la storia del nostro Paese.

 

Per amor di chiarezza, mentre ancora si discute, e probabilmente a lungo si discuterà non avendo le dichiarazioni del Ministro affatto smorzato le polemiche, vogliamo ribadire quelli che sono i punti fermi e i sentimenti comuni che ci animano, al di là delle valutazioni del singolo caso: la centralità delle competenze degli archivisti in qualunque operazione di conservazione, valorizzazione e accessibilità dei documenti tutelati; il valore civile e vorremmo dire costituzionale dei compiti degli archivisti; la massima preoccupazione per la gestione corretta e trasparente di tutta la documentazione e in special modo di quella collegata a momenti dolorosi e indimenticati della storia recente.

Una preoccupazione che condividiamo non solo con i familiari delle vittime ma con tutti i cittadini democratici.

 

Roma, 25 agosto 2021

 

Il Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana

 

 




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